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DOMENICHELLA_relazione 2010

Dimitri Domenichella, Almanacchi e Strenne milanesi (1800 - 1899)

Per uno studio tipologico e linguistico

 

(Relazione conclusiva I anno di Dottorato in Filologia moderna, 23 giugno 2010)

 

Progetto di ricerca

Il progetto di ricerca ha come oggetto lo studio, da un punto di vista storico-tipologico e linguistico, di una ricca e varia produzione tipografica che ebbe molto successo sul mercato librario milanese[1] del XIX secolo costituita dagli Almanacchi e dalle Strenne per il nuovo anno. I testi presi in esame fanno riferimento ad un preciso ambito regionale e territoriale, Milano, e rientrano in definiti limiti cronologici compresi fra il 1800 e il 1899. Il corpus completo dei testi dai quali è partita l’attività di ricerca è raccolto nei cataloghi Strenne dell’800 a Milano e Almanacchi dell’800 a Milano a cura di

Giuseppe Baretta e Grazia Maria Griffini[2] che censiscono tutti gli Almanacchi e le Strenne conservati presso la Biblioteca Nazionale Braidense.

La necessità di un lavoro di ricerca che abbia come oggetto gli Almanacchi e le Strenne per il nuovo anno è stata motivata, in prima istanza, dalla constatazione che questi “generi” testuali non siano stati ancora studiati nella loro autonomia e specificità, ma sempre in relazione al loro rapporto con altre pubblicazioni, come la stampa quotidiana e le riviste. Gli elementi di serialità, di eterogeneità dei contenuti, degli stili e dei registri linguistici che li caratterizzano permetterebbero invece, come ipotesi, di tracciare alcune linee di analisi in grado di descrivere compiutamente gli aspetti tipologici ricorrenti all’interno di un medesimo “genere” ed un possibile profilo linguistico, sia da un punto di vista sincronico all’interno della stessa tipologia editoriale, che da un punto di vista diacronico nell’evoluzione del genere durante il XIX secolo.

La caratteristica di varietà di questa letteratura “popolare” di grande successo, tale da  affermare che «una buona parte del popolo non leggesse e non possedesse altro libro che l’almanacco»,[3] la colloca infatti ad un livello intermedio fra la tradizionale letteratura di consumo e la produzione giornalistica. La definizione di elementi specifici della lingua degli Almanacchi e delle Strenne permetterebbe quindi di mettere in luce gli aspetti di un linguaggio che nell’Ottocento doveva rivolgersi ad un pubblico vasto, alfabetizzato nel complesso, ma non di elevato livello culturale, «con pretese di divulgazione ma ad un livello più popolare».[4] Per un’analisi della lingua di questa tipologia testuale “intermedia” sono stati ritenuti utili come modelli di riferimento, relativamente agli elementi di contatto con la lingua dei giornali e delle pubblicazioni a stampa come le riviste, in particolare gli studi di Andrea Masini su La lingua di alcuni giornali milanesi dal 1859 al 1865 e La stampa periodica milanese della prima metà dell'Ottocento: testi e concordanze.[5] Per quanto riguarda invece gli elementi più specificamente letterari, testi poetici e prose, che compaiono in modo particolare nelle Strenne e meno frequentemente negli Almanacchi, che identificano l’altro fondamentale aspetto di questa varia produzione, verranno analizzati i rapporti e le eventuali reciproche influenze con la produzione letteraria coeva. Infine, per la definizione di questi prodotti editoriali sotto il profilo storico-tipologico e della loro fortuna nella società milanese ottocentesca fondamentali sono i contributi di un attento osservatore contemporaneo di questo fenomeno come Carlo Tenca, in particolare con gli scritti Delle condizioni dell’odierna letteratura in Italia a cura di Gianni Scalia e Delle strenne e degli almanacchi: saggi sull'editoria popolare (1845-59),[6] e dell’illustre storico novecentesco Marino Berengo con gli indispensabili Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione e Cultura e istituzioni nell'Ottocento italiano.[7]

Il grande successo ottenuto sul mercato librario milanese dell’Ottocento degli Almanacchi e delle Strenne rappresenta il momento di maggior diffusione di una tipologia testuale nella quale la struttura calendariale, le funzioni previsionali, informative e “artistiche” costituiscono alcuni degli elementi distintivi.

Questi aspetti sono chiaramente rintracciabili soprattutto negli Almanacchi e nella loro evoluzione storica. La fortuna delle predizioni per il futuro, lontano ma anche immediato come il nuovo anno, ha infatti origine antica, «già dal Medioevo si configura l’immagine dell’astrologo che professava la cristianizzata disciplina delle inclinazioni astrali, accanto ad altre figure, demonizzate dall’impianto teologico e cosmologico ortodosso, che coniugavano l’astrologia naturale o congetturale con l’oroscopia e la magia. La presenza nell’Inferno dantesco di Guido Bonatti,[8] il princeps astrologorum, appare come l’interpretazione poetica più significativa dell’atteggiamento della cultura cattolica medievale verso la pratica dell’astrolabio nella sua forma più spregiudicata».[9] Nel corso dei secoli lo statuto stesso di queste attività è andato incontro a molteplici trasformazioni: dalla scienza divinatoria del Rinascimento delle corti e della chiesa postridentina professata da indovini e profeti, alla diffusione nel Seicento e nel Settecento di pronostici, taccuini, lunari e almanacchi per il nuovo anno anche grazie, soprattutto, alla grande diffusione della stampa. È infatti grazie ad essa che questo «si istituzionalizza come vero e proprio genere letterario dalla sorprendente potenzialità di autoalimentarsi, concretizzandosi in una caleidoscopica e  poliedrica proliferazione».[10] Dagli ultimi anni del Settecento e con riflessi su tutta la produzione dell’Ottocento, «al di là della struttura generale dell’almanacco che fa da contenitore, composta dal discorso dell’anno, dalle lunazioni e dal calendario, sempre più raramente il lunario segue criteri astrologici codificati: si apre piuttosto ad ogni tipo di innovazione dettata dalla fantasia, dalla creatività dei compilatori»[11] e, dato il grande successo commerciale, degli editori, rispondendo in questo modo alle esigenze di passatempo, di curiosità, di divertimento, di fruizione piacevole richieste dal pubblico al libro per il nuovo anno.

Nel medesimo genere editoriale, ma con elementi di differenziazione sia nel contenuto che nei possibili fruitori, rientra anche un tipo di pubblicazione a stampa destinata ad avere una grande fortuna in Italia per tutto il XIX secolo: la Strenna. Per questa tipologia testuale, che nel nome è riconducibile all’accezione latina di “dono augurale” come già nell’illustre esempio dantesco del commiato di Virgilio da Dante nel Purgatorio,[12] a differenza degli Almanacchi è possibile individuare il momento preciso in cui «la strenna di nuovo tipo»[13] si impose come prodotto editoriale di grande successo. Carlo Tenca individua infatti il 1832 come l’anno testimone «dell’avvenimento delle strenne alla dittatura letteraria»[14] del mercato editoriale italiano, «dettato da una speculazione libraria dei fratelli Vallardi»[15] che con la Strenna dal titolo Non ti scordar di me ebbero una grande fortuna, «iniziando una diversa tradizione di genere letterario».[16] Come afferma Marino Berengo, «il mercato milanese ottocentesco era ben avvezzo al lancio massiccio tra ottobre e dicembre di volumi e volumetti destinati sia a servire da vademecum per il nuovo anno, sia a fungere da dono per Natale e Capodanno. Tra il primo uso e il secondo, voluttuario e di moda l’uno, pratico l’altro, la differenza è, in linea teorica, abbastanza chiara e rispecchiata anche da due vocaboli diversi strenna e almanacco».[17] La Strenna, a differenza dell’Almanacco, si presenta in una veste lussuosa, costituita da «involucri storiati, dipinti e dorati»,[18] definendo implicitamente, in questo modo, anche i destinatari dell’impresa editoriale. Si avvale della collaborazione, per i testi che la costituiscono, dei nomi migliori della cultura lombarda e veneta, tra i quali Cesare Cantù, Defendente Sacchi, Giambattista Bazzoni, Francesco Cusani, Benassù Montanari, Niccolò Tommaseo, Cesare Correnti e molti altri.[19] Ma, al pari degli Almanacchi, «la voluta assenza di ogni legame tra gli scritti raccolti e il tono di occasionalità e di svago che impronta  tutte le Strenne, ne segnano il destino effimero e la mancanza di eco nella cultura e nell’opinione pubblica: il letterato che scelga quella sede editoriale per un suo componimento poetico, un suo racconto o una sua prosa storica, rinunzia a vederlo circolare».[20]

Tenendo presenti i riferimenti bibliografici citati, insieme ai testi di una bibliografia più esaustiva cui si rimanda, in questi primi mesi il lavoro di ricerca ha previsto inizialmente l’analisi approfondita di entrambi i cataloghi che censiscono gli Almanacchi e le Strenne milanesi. I limiti cronologici dei testi censiti sono compresi fra il 1799 e il 1899 per quanto riguarda gli Almanacchi e fra il 1827 e il 1901 per le Strenne. Il totale delle Strenne ammonta a 550 datate e 40 non datate, molti dei titoli ricorrono per più anni; il totale degli Almanacchi è di 616 datati e 7 non datati, anche in questo caso gli stessi titoli ricorrono per più anni, una sezione è indicata a parte con il nome di Periodici e comprende un unico titolo che va dal 1808 al 1859. In seguito a diverse ricognizioni presso la Biblioteca Nazionale Braidense per la consultazione dei documenti originali cartacei, è stato possibile verificare la presenza di molti Almanacchi anche in formato digitale, per un totale di 242, comprendenti i titoli che ricorrono maggiormente nell’arco cronologico definito e diversi numeri unici. Per questa ragione il lavoro di indagine si è concentrato su questi ultimi ed ha previsto uno spoglio sistematico finalizzato, in questa prima fase, alla ricerca degli elementi specifici e caratterizzanti dal punto di vista sia tipologico-strutturale che linguistico.

In modo particolare questa fase di lavoro ha permesso, per i testi oggetto dello spoglio, di definire una serie di tematiche ricorrenti che possono essere utilizzate come criterio classificatorio generale e che testimoniano la grande eterogeneità di questa produzione, seppur con molti elementi strutturali ricorrenti. Si possono ricordare le categorie degli  almanacchi per l’anno, quelli dedicati alle donne, quelli più tecnici e settoriali aventi per oggetto l’agricoltura, l’arte, la musica, la politica, la religione, quelli poetici o quelli che offrono consigli utili o pratici per la vita quotidiana e per l’educazione dei figli, gli almanacchi didattici  e quelli umoristici.

Gli aspetti linguistici specifici saranno affrontati attraverso uno spoglio sistematico nel corso dell’attività di ricerca. In questa fase iniziale è stato eseguito un approfondimento riguardante il lessico con l’analisi di alcune parole “simbolo” (Almanacco, Taccuino, Lunario, Strenna) che identificano queste pubblicazioni a stampa e che ricorrono con altissima frequenza in tutti i testi, utilizzando gli strumenti lessicografici[21] fondamentali in modo da delinearne le differenti accezioni di significato, la storia e le attestazioni nella produzione letteraria.

 



[1] La testimonianza del successo di questi testi a stampa si può osservare dai dati di mercato relativi alla loro diffusione riportati in: Marino Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino, Einaudi, 1980, p.185.

[2] Giuseppe Baretta, Grazia Maria Griffini, Strenne dell’800 a Milano, Milano, Scheiwiller, 1986; Id., Almanacchi dell’800 a Milano, Milano, Scheiwiller, 1987.

[3] Enrico Fano, Corrispondenza lombarda, in «Rivista Contemporanea», Anno VII, Vol.  XVII, Torino, Tipografia Cerutti-Derossi-Dusso, 1859, p.202.

[4] Stefania De Stefanis Ciccone, Per uno studio del linguaggio dei periodici milanesi del primo Ottocento (1800-1847), in «Lingua Nostra», Vol. XLI, Fasc.1, Marzo 1980, p.30.

[5] Andrea Masini, La lingua di alcuni giornali milanesi dal 1859 al 1865, Firenze, La Nuova Italia, 1977; Stefania De Stefanis Ciccone, Ilaria Bonomi, Andrea Masini, La stampa periodica milanese della prima metà dell'Ottocento: testi e concordanze, Pisa, Giardini, 1983-1984.

[6] Carlo Tenca, Delle strenne e degli almanacchi: saggi sull'editoria popolare (1845-59), Napoli, Liguori, 1995.

[7] Berengo, Intellettuali, cit.; Id., Cultura e istituzioni nell'Ottocento italiano, Bologna, Il Mulino, 2004.

[8] Cfr. Inf. XX-117, edizione di riferimento: Dante Alighieri, Commedia. I. Inferno, a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Milano, Mondadori, 1991, p. 615.

[9] Elide Casali, Le spie del cielo. Oroscopi, lunari e almanacchi nell’Italia moderna, Torino, Einaudi, 2003, p.VII.

[10] Casali, Le spie, cit., p.X.

[11] Casali, Le spie, cit., p.251.

[12] Cfr. Purg. XXII-119, edizione di riferimento: Dante Alighieri, Commedia. II. Purgatorio, a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Milano, Mondadori, 1994, p. 813.

[13] Le Strenne erano già presenti sul mercato editoriale, ma sono noti i titoli, le tirature e i prezzi di quanto pubblicato a partire dal 1821. Cfr. Berengo, Intellettuali, cit., pp.183-5.

[14] Carlo Tenca, Le strenne, «Rivista Europea», n.1, Gennaio 1845, pp.115-25. L’articolo è riportato in Tenca, Delle strenne, cit., pp.19-30.

[15] Tenca, Le strenne, cit.

[16] Tenca, Le strenne, cit.

[17] Berengo, Intellettuali, cit. p.179.

[18] Tenca, Le strenne, cit.

[19] Cfr. Berengo, Intellettuali, cit. p.181 e Baretta, Strenne dell’800, cit., p.10.

[20] Berengo, Intellettuali, cit. p.181.

[21] Accademia della Crusca, Vocabolario degli Accademici della Crusca, Quinta impressione, Firenze, Tipografia Galileiana di M. Cellini e C., 1863; Nicolò Tommaseo, Bernardo Bellini, Dizionario della lingua italiana con oltre centomila giunte ai precedenti dizionari, Torino, Unione Tipografico Editrice Torinese (UTET), 1929; Salvatore Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, , Torino, Unione Tipografico Editrice Torinese (UTET), 1961-2002.

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