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Petrosino ADI 2009

Alfonso Maria Petrosino, Gli anagrammi nella poesia di Pascoli

 

Nell’ambito di una tesi di dottorato sulla metrica e la retorica nel corpus delle poesie italiane di Pascoli, l’interesse per gli anagrammi (presenza, grado di intenzionalità, impatto retorico) nelle poesie di Pascoli nasce e deriva dall’incrocio di due interessi, apparentemente alquanto distanti e sicuramente distinti:

1) da una parte una riflessione che parte dal saggio di Odoardo Becherini apparso sulla Rivista Pascoliana, “Lettera al Signor de Saussure”, un saggio in forma scherzosa, strutturato come una lettera di risposta a Ferdinand de Saussure “con un secolo di ritardo”. Becherini, partendo dal classico Amor Roma, presente nei vv. 307-308 di Pallas, III brano di Post occasum Urbis nei Poemata Christiana, segnala man mano l’anagramma di quattro lettere ARSE: S’ERA (Digitale purpurea da Primi poemetti), quello di cinque OMBRA: ROMBA (La sementa, L’Angelus da Primi poemetti), quindi di sei STA PRIMA: IMPARA (Diario autunnale, Canti di Castelvecchio), uno composto in rima VENTO GIOVENTÙ GIÙ (Il compagno dei taglialegna ne I Canti di Castelvecchio) fino a anagrammi riguardanti un intero componimento, come Sirena di Myricae, che arriva all’esorbitante coinvolgimento di ben duecentocinque lettere, per arrivare a dimostrare che la fenomenologia anagrammatica è elemento costitutivo e fondante dell’autonomia del significante pascoliano.

Lo stesso Becherini ammette per fortuna, a fronte di una casistica così ricca, una genesi varia: alcuni andranno ritenuti pienamente voluti, altri voluti a metà e prodotti parzialmente dal caso.

Questo tipo di ricerca comporta due rischi:

- alcuni anagrammi non sono composti da parole consecutive, ma da parole ritenute rilevanti, per la sede rimica o per il valore stesso della parola: criterio che sembra comunque lasciare troppi margini alla soggettività;

- gli anagrammi celano un piccolo paradosso: meno lettere vengono considerate e meno rilevante è l’anagramma, ma più lettere vengono considerate e più facile è instaurare anagrammi, perché aumentano le possibilità di ricomporre altre parole.

 

2) Il secondo spunto a favore dall’altra parte la scoperta, l’osservazione nei testi di Pascoli di un fenomeno suggestivo e cioè quello della cripto-ballata da intendere non come procedimento mascherato (come imbastito da D’Arco Silvio Avalle nella sua celebre analisi sulla montaliana A Liuba che parte), ma come tendenza. I testi su cui i due madrigali: Lavandare e Arano (da Myricae)

i due testi in endecasillabi sciolti: Il sonno di Odisseo e Il cieco di Chio (da Poemi conviviali) e i componimenti in terzine La siepe (da Primi poemetti) e Il giorno dei morti (da Myricae).

- passare in rassegna rapidamente qualche esempio.

 

A latere, un problema che va considerato anche alla luce degli appunti sugli anagrammi dei quaderni di Saussure analizzati da Jean Starobinski nel libro “Le parole sotto le parole” è se per la formazione di anagrammi vadano considerati i fonemi o i grafemi, decisione che può dipendere anche dalla fruizione ideale del testo. In testi composti da saturni, per esempio, l’impatto dell’oralità è ancora predominante (cfr. la nuncupatio e il valore magico che il pronunciamento di un nome proprio di persona ha, per cui una precisa collocazione metrica concorre a determinarne il valore “magico”).

Un anagramma (dal greco ανα/ana-, “indietro”, e γραφειν/graphein, “scrivere”) è il risultato della permutazione delle lettere di una o più parole compiuta in modo tale da creare altre parole o eventualmente frasi di senso compiuto. È un fenomeno, pertanto, imparentato alla lontana con la stessa rima, che è la ripetizione degli stessi suoni, ordinati e in sede fissa a partire dall’accento fino alla fine della parola; parentela che si regge sul concetto di ripetizione. In un anagramma il significato delle parole risultanti non di rado risulta affine al contesto originario, o ad esso completamente opposto, producendo così sorpresa: o con effetti umoristici o, comunque, con interessanti associazioni: (i celebri esempi di attore = teatro; bibliotecario = beato coi libri; Marco Antonio = antico romano).

In realtà, maggiore è il numero delle lettere a disposizione, maggiore è la probabilità che l’anagramma realizzi tali associazioni, pertanto l’effetto di sorpresa dovrebbe essere limitato. A prescindere da considerazioni eminentemente estetiche (le quali sempre comportano una valutazione soggettiva personale) l’incremento nei risultati positivi è dimostrabile col calcolo combinatorio e secondariamente con l’analisi statistica i quali permettono di appurare che incrementando il numero delle lettere componenti la frase di partenza (il cosiddetto esposto) aumentano le frasi a senso compiuto. Gli anagrammi sono classificabili fra i giochi linguistici e quelli enigmistici. Un anagramma, in poesia, altissima poesia, molto interessante perché non fine a se stesso, ma funzionale, è quello di Inferno I, 85-87, segnalato da Giorgio Orelli in una Lectura Dantis pavese di qualche anno fa:

 

Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io TOLSI
lo bello STILO che m’ha fatto onore.

 

il senso in questo caso dell’anagramma risiede nella marca di bravura che trova nel testo una puntuale referenzialità: Dante si vanta di aver appreso uno stile che gli ha reso onore con un accorgimento retorico che innalza il livello stilistico.

 

Il problema capitale e allo stesso tempo di difficile o incerta, se non impossibile, risoluzione, è, in mancanza di materiale paratestuale specifico, l’analisi del grado di intenzionalità cosciente dell’autore, ovverosia, in che misura un anagramma si tratti di gioco enigmistico per cui l’autore cela la parola con questo espediente nel testo per trasmetterla subliminalmente al lettore e destinatario del testo, e in che misura (oppure quando e quando) si tratta di presenza inconsapevole, espediente involontario, operazione che di subliminale ha addirittura la genesi, ed è quindi celato all’autore stesso, imputabile più alla lingua che all’invenzione del singolo.

Ho fatto un elenco di casi, prese da varie fonti, varie per lingua ed epoca, che porto per illustrare il meccanismo dell’anagramma “disiecto”, smembrato, nel corpo del testo.

 

1) Giorgio Orelli ne Il suono dei sospiri,

in un’analisi dei testi del Canzoniere, e in prima istanza della materia significante, dei veri e propri suoni, delle poesie, segnala

 

I, 8 sPEro TRovAR pietà, nonCHE perdono - Petrarca

 

nel testo proemiale Petrarca celerebbe pertanto il proprio nome (latino, al genitivo), come firma nell’intestazione dell’opera.

 

2) cfr. V “Quando io movo i sospiri a chiamar voi.”

 

Il quinto sonetto dei RVF presenta invece un caso chiaramente intenzionale; anzi, in questo caso l’anagramma costituisce sia la ragione intrinseca e che l’argomento stesso del componimento. Ugo Dotti nel suo commento per il centenario (2004) segnala che questo espediente è presente già in Marziale, Ausonio e nella poesia trobadorica.

 

LAUdando REal TAci    - Laureta         

LAUdare REverire Apollo         - Laurea

 

3) Orazio, Odi, VI, 2 (segnalato in una cartolina postale del 10 febbraio 1908 inviata da Antoine Meillet a Ferdinand de Saussure)

 

Pindarus

 

Pindarum quisquis studet aemulari

Iulle, ceratis ope Daedalea

nititur PINnis, vitreo DAtuRUS

nomina ponto.

 

4) Chateubriand, Memorie dell’oltretomba

 

Lucile

 

ritratto di Lucile: Tout LUi était souCI, chagrin, bLEssure

 

5) Pascoli in Pallas, III parte di Post occasum Urbi, vv. 242-243:

 

Pallas

 

Effodiunt homines deserti saxa PALati

nocte LAtroneS.

 

                        6) Baudelaire, Vecchio saltimbanco

 

Je sentIs ma gorge Serrée par la main TERRIble de l’hysterie

 

caso in cui, considerata la particolarità della lingua francese (presenza lettere mute), è possibile notare come non ci sia coincidenza dei segni grafici, ma di suoni.

 

L’ultimo caso riguarda una poesia italiana di Pascoli: Solon, in Poemi conviviali, in cui abbiamo entrambi i casi, l’anagramma puntuale e completo e quello “disiecto”:

 

v. 15 il Suo dOLOre iN sua felicità

v. 16 “Solon

 

in cui il nome del protagonista eponimo del poema viene annunciato dal verso precedente, e:

 

v. 47 (II saffica) che un tremORE MA, è l’amore, e corre

v. 58 (V saffica) scende il sole nell’infinitO MARE.

 

dove la parola Amore, soggetto e protagonista del componimento di Saffo, ricorre non solo nelle immagini ma anche sotto forma di anagramma due volte.

 

Per concludere, una curiosità: nel 1882 Carducci suggerì a Pascoli di presentare domanda al Ministero per Teramo, dove aveva un intimo amico, Giulio Vita, ma Pascoli ottenne Matera; in una lettera del 20 settembre di quell’anno Pascoli segnalò a Carducci che: “Matera [è] quasi l’anagramma di Teramo”. Anche la vita, non solo la poesia, prevede questo tipo di ammiccamenti.

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